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Sicurezza sul lavoro, cadute dall’alto imputabili al datore negligente
In caso di caduta dall’alto di un lavoratore, il datore per poter invocare il comportamento abnorme del lavoratore che interrompa il nesso causale deve dimostrare di essere in regola con tutte le norme antinfortunistiche.
La Suprema Corte ha con sentenza 7 settembre 2017, n. 40743 ribadito che il datore di lavoro, così come il direttore lavori ed il coordinatore possono legittimamente aspettarsi una condotta diligente del lavoratore, solo allorquando non si trovino in re illecita per non avere per propria colpa impedito l’evento lesivo, omettendo di predisporre le norme antinfortunistiche previste dalla legge, da questo principio discende quindi che, in violazione delle prescrizioni di cui all’Allegato XVIII D.Lgs. 81/2008 (cadute dall’alto) è irrilevante la condotta del lavoratore che non può mai essere abnorme ed escludere il nesso causale omissione-infortunio.
Nel caso di specie, i Giudici confermano la condanna del datore di lavoro, nonché del direttore lavori e del coordinatore, ex articolo 590 C.p. (lesioni colpose in violazione di norme antinfortunistiche), poiché l’accertamento che il parapetto da cui lo stesso è precipitato misurasse 83 cm in luogo dei 100 cm previsti dalla norma, esclude a priori la possibilità di invocare l’abnormità della condotta del lavoratore.
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